EDITORIALE
25-11-2020 di Freddie del Curatolo
Fin da ragazzo avevo l’aspirazione di diventare un uomo di lettere e i miei continui 4 in matematica lo confermavano.
Al Liceo Classico la matematica è vista più o meno come un permesso di lavoro per gli stranieri in Kenya: sai che dovrebbe essere necessario ma alla fine sei convinto che se ne possa fare tranquillamente a meno.
Dopo qualche decennio, da nove mesi a questa parte sto subendo la legge del contrappasso in vita.
Quotidianamente ho a che fare con i numeri dei bollettini Covid-19 in Kenya e non posso ignorarli, benché anche loro, come la matematica al Classico, siano abbastanza inservibili, se non ai fini di statistiche e comparazioni con altri numeri altrettanto superflui.
Ed è come nei problemi da risolvere, per i quali dovevi seguire procedimenti ufficiali, quelli studiati sui libri con le formulette giuste, non puoi affidarti alla logica che ti farebbe guardare oltre, sul campo. L’istinto (in questo caso del mestiere che faccio) che ti porta a verificare di persona, approfondire, mettere la realtà e non una calcolatrice al centro delle cose, per capire l’andamento della pandemia in Kenya e in Africa.
E invece di ufficiale ci sono solo cifre e quelle vengono riportate da tutti.
Cifre dei positivi nelle 24 ore (24 ore di che? Da quando? Qui i risultati dei tamponi arrivano dopo due, tre, quattro giorni...), totali che salgono, casi attivi che non quadrano mai.
E tu te li leggi, li rileggi, li studi e ci rifletti.
Se si potesse ancora, preferiresti essere rimandato a settembre d’ufficio.
Ma qui non rimanda più nessuno, se non a quel Paese.
E per me, che ho scelto da tempo questo, di Paese, non resta che studiare l’inutile.
Prendiamo ad esempio i casi di lunedì 23 novembre: saliamo a 77.785 positivi da quando il Covid-19 è arrivato in Kenya. I guariti sono 51.903. I decessi invece, con gli ultimi 12, sono saliti a 1.382.
Ne consegue che, secondo questi primi due totali, se la matematica non è l’opinione di un virologo, i casi ancora attivi dovrebbero essere esattamente 24.500.
Il bollettino ufficiale ci fa sapere anche che 1.182 pazienti sono ancora ricoverati in ospedale, mentre altri 7.142 sono in cura a casa propria o in strutture adibite a centri di isolamento.
Ora, torno all’inizio del mio pezzo: sono uno da 4 in matematica e, anche se l’algebra dovrebbe essere la branca più facile, qualcosa non mi torna: dove cavolo sono finiti gli altri 16.176 contagiati?
Questo ovviamente è solo uno degli esempi.
Pur essendo sempre numeri, potrebbe esserci qualche dato interessante: conoscere le quantità di tamponi analizzati delle Contee, per capire se ad esempio i 78 casi di Malindi si riferiscono a 79 tamponi (nell’ipotetico ma fantascientifico caso saremmo messi parecchio male e conoscerei volentieri il settantanovesimo caso per capire se si può imparare qualcosa dai miracolati).
Oppure se i tamponi erano 7800, cosa ancora meno probabile, dato che in tutto il Kenya si sta viaggiando a ritmi bassissimi, sempre tra i 5000 e i 9000 test al giorno e a volte anche meno. Dobbiamo quindi ritenere che anche la media delle zone che ci interessano maggiormente ricalchi più o meno quella nazionale.
Ma anche in questo caso nell’esercizio a scuola avremmo preso 4.
Non si tratta di rispolverare il luogo comune dei “freddi numeri”, nè di farne un discorso epocale su quanto a suon di algoritmi, applicazioni, retweet e uozzappi vari ci hanno rimbecillito.
I numeri andrebbero bene, se ci raccontassero la realtà e non cercassero di toglierci parole più vere, profonde e significative dalla bocca.
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