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21-07-2018 di redazione
Si chiamava Karanja ed era il più famoso rinoceronte nero del Kenya.
Imponente e pacifico, è morto di vecchiaia nel dicembre del 2014 dopo essere stato per tanti anni uno degli esemplari più fotografati nei safari all'interno della Riserva del Maasai Mara.
Conosciuto con il suo nomignolo da tutte le guide locali, negli ultimi tempi era monitorato dai ranger che lo seguivano ovunque, fino al giorno in cui
non avvistandolo come di consueto, lo hanno cercato e poi trovato morto, in pace, in vallonetto tra i cespugli.
Il suo corpo è stato in seguito trasportato al Museo Nazionale in Nairobi e consegnato al responsabile del reparto osteologia, il dottor Ogeto Mwembi.
Il fotografo naturalista italiano Paolo Torchio e la sua compagna Magalì Manconi, leggendo la notizia sui quotidiani locali, sono andati a trovare Ogeto e hanno trovato ampia disponibilità a visitare l'illustre ospite del Museo.
"Il professore ci ha condotto in un piccolo prato sul retro dell'edificio - racconta Torchio a malindikenya.net - ed era coperto da un pesante telo di plastica nera fermato da altrettanto pesanti sassi. Ogeto ci ha spiegato che quello è il sistema migliore per ripulire le ossa dell'animale. Si lascia che Madre Natura faccia il suo corso, e dopo un paio d’anni, togliendo il telo si avrà a disposizione uno scheletro perfettamente ripulito".
Due anni dopo, i due appassionati di savana, vengono chiamati dal Museo e invitati alla rimozione del telo.
"E' stato emozionante - rivela il fotografo italiano - Tutto ha funzionato come ci aveva predetto, e sotto il telo abbiamo trovato uno scheletro perfetto, pulito ed ordinato. A quel punto la domanda è nata spontanea: “Ed ora? Cosa ne fate di tutte queste ossa?”. Ogeto ci ha risposto che, come da prassi, le ossa sarebbero state messe in grosse scatole e Karanja sarebbe finito nei magazzini del Museo. "Che altro possiamo fare? - è stata la sua desolata considerazione - purtroppo il Dipartimento non dispone dei fondi necessari per organizzare la ricostruzione”.
Così è scattata l'idea di Paolo e Magalì: coinvolgere il Governo Italiano per la sponsorizzazione del progetto di ricostruzione, nello spirito di cordiale assistenza che da anni contraddistingue i due Paesi.
"Abbiamo radunato le fotografie ed i filmati del momento dello scoprimento dello scheletro, e abbiamo chiesto appuntamento all'Ambasciatore, Mauro Massoni, che ci ascolta pazientemente, medita sul da farsi e decide di coinvolge l’Istituto Italiano di Cultura".
L'Ambasciatore d'Italia in Kenya in questi anni si è distinto non solo per la sua disponibilità ad ascoltare proposte e iniziative da parte dei connazionali, ma anche per promuovere a vari livelli e segnalare quelle meritevoli. Così è accaduto anche nel caso di Karanja.
Il progetto infatti è decollato, è stato approvato dal Governo Italiano tramite l'Istituto Italiano di Cultura di Nairobi e finalmente lo scorso 18 luglio è iniziata fisicamente la ricostruzione dello scheletro del mitico rinoceronte nero keniano nella sala a lui dedicata, dove all'esposizione del suo scheletro sarà abbinata una mostra fotografica con ingrandimenti delle fotografie realizzate da Torchio durante il processo di assemblaggio e ricostruzione dell'esemplare da parte dell'equipe di esperti del Museo Nazionale.
"Siamo entusiasti - ammette Magalì Manconi - negli anni a venire, nel museo di Nairobi, il vecchio Karanja potrà essere ricordato come simbolo della specie, proprio come lo scheletro del grande elefante Hamed, con la speranza che questo sia un passo utile per interessare le generazioni future alla conservazione di questi grandi mammiferi a rischio di estinzione".
Photo Courtesy Paolo Torchio
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