Opinioni

POLITICA

Kenya-Tanzania, vicini di casa che non riescono a piacersi

La storia dei rapporti difficili tra i due Paesi dell'Est Africa

12-07-2017 di Antonio Altieri

Quando ormai siamo alla fine del primo mandato elettorale di Uhuru Kenyatta e nell’anno del consolidamento del potere del suo collega tanzaniano John Pombe Magufuli, si può constatare come i rapporti politici ed economici tra i due Paesi dell’Est Africa rimangano problematici e stentino a decollare.
Il “buon vicinato”, nonostante la crescita delle due nazioni e le possibili sinergie per attingere fondi dalle organizzazioni internazionali (si pensi ad esempio al progetto dell’autostrada Dar Es Salaam-Malindi), rimane un’idea che continua a scontrarsi con la diffidenza tanzaniana e la poca volontà di dividersi la posta del Kenya.
La “guerra fredda” tra i due paesi risale ai tempi in cui era il padre di Kenyatta, Jomo a litigare col dirimpettaio Nyerere. Entrambi di formazione socialista, ma mentre Nyerere guardava alla Cina e al maoismo, il “Padre della Patria” keniano strizzava l’occhio alla nascente Nato.
Nel 1965 la Tanzania decide di uscire dall’Est Africa e dal Commonwealth. Fin dal 1919, Kenya, Uganda e Tanzania avevano una moneta unica, lo scellino e una sola Banca Centrale con sede a Nairobi.
La scissione tanzaniana cambiò per sempre le cose.
Dopo un anno Kenyatta coniò lo scellino keniota, con il rapporto di 1 a 1 con la vecchia moneta dell’Est Africa.
Secondo gli economisti occidentali, fu un boomerang per lo sviluppo tanzaniano, mentre per gli esperti di Dar Es Salaam altri fattori, tra cui l’ostracismo dell’Europa anticomunista, furono le cause principali dell’isolamento commerciale della Tanzania.
Da allora, la Tanzania si è sempre e comunque schierata su posizioni diverse rispetto agli ex alleati Kenya, Uganda e Ruanda.
L’indifferenza e la totale assenza di rapporti commerciali con Nairobi si fece ostilità pericolosa nel 1977, quando Julius Nyerere chiuse i confini, impedendo per la prima volta in maniera i tanti piccoli traffici tra villaggi e cittadine di frontiera e imponendo il visto.
Arrivando ai giorni nostri, nel novembre del 2013 durante la riunione annuale dei quattro paesi dell’East African Community (EAC) è stato firmato un protocollo d’intesa per tornare alla moneta comune e creare un fronte economico in grado di reggere le nuove sfide del mercato africano e mondiale.
Anche in questo caso, la Tanzania guidata dal Presidente Jakaya Kikwete, ha espresso il suo dissenso, anche per il timore di dover affrontare una forte svalutazione, essendo lo scellino keniota molto più forte.
Nello stesso periodo, il Governo tanzaniano ha deciso di non far parte del piano comune dei visti dell’Est Africa, impedendo di fatto la creazione di una rete sul modello europeo che avrebbe creato le basi per l’abbattimento delle dogane negli anni a venire.
Negli ultimi tempi, sono molte le operazioni tanzaniane che hanno irritato i “cugini” keniani.
Numerose sono state le prese di posizione del Ministro del Turismo Balala dovute all’impossibilità di sedersi ad un tavolo comune per sviluppare un turismo transfrontaliero.
Ancora oggi, ad esempio, è impossibile organizzare safari tra il Mara keniota e il Serengeti in maniera facile e collaborativa.
Kenyatta lo scorso anno appoggiò la candidatura di Magufuli, sperando di trovare un nuovo complice per scambi commerciali e per aprire una nuova stagione di collaborazioni, ma non è stato così.
Nel maggio dello scorso anno, il presidente Magufuli ha dichiarato che la Tanzania avrebbe tagliato le importazioni di elettricità dal Kenya per il 67 per cento.
Nello stesso mese, nonostante il work in progress del Governo Kenyatta, la Tanzania ha provato a dissuadere l'Uganda  dalla decisione di collegare i suoi oleodotti con quelli diretti al nuovo porto di Lamu, favorendo il percorso di Dar.
Il tentativo del Kenya di aggiustare le cose è culminato in un conflitto diplomatico, quando i funzionari tanzaniani hanno sequestrato i passaporti dei funzionari kenioti che stavano incontrando i colleghi ugandesi in territorio tanzaniano.
Tra fatti e parole di Magufuli c’è un gran divario: lo scorso novembre durante la sua visita in Kenya il leader tanzaniano ha dichiarato che era sua intenzione rinsaldare i rapporti tra i due Stati, pochi mesi più tardi è stato tra i franchi tiratori per la non elezione del Ministro degli Esteri keniano Amina Mohamed come Presidente dell’Unione Africana.
L’annosa storia dei “cordiali dispetti” tra due Paesi che parlano la stessa lingua e arrivano dallo stesso travagliato percorso per l’indipendenza, due mondi così uguali e così diversi, non sembra voler terminare.

TAGS: Kenya TanzaniaEst Africa

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