PERSONAGGI
29-11-2020 di Freddie del Curatolo
Se la Cucina Italiana è ormai riconosciuta come un valore aggiunto dell’hospitality, della vita sociale, del benessere e del turismo in Kenya non lo si deve solamente ai tanti ristoratori e a chi ha creato professionalità locali esportando e insegnando l’arte della pizza, della pasta, dei gelati e della maniera unica al mondo di trasformare in bontà prodotti unici e vari.
Il merito va ascritto in gran parte anche a chi questi prodotti li mette a disposizione a cuochi e ristoratori e li ha resi disponibili anche ai privati.
Il primo connazionale ad importare ufficialmente ogni genere enogastronomico è stato senza dubbio Roberto Miano, che proprio in coincidenza con la Settimana Internazionale della Cucina, celebra trent’anni dalla fondazione della sua azienda di importazione di prodotti italiani.
“Nel 1990 vivevo a Malindi già da qualche anno e gestivo l’unico supermercato italiano della costa. – ricorda Miano - Erano gli anni del boom turistico e mese dopo mese mi vedevo felicemente costretto ad allargare la mia attività. A quei tempi trovare prodotti italiani era un miraggio, più o meno si era costretti a portarli in valigia e i pochi importatori internazionali, riguardo al nostro Paese, sceglievano marche scadenti o etichette con nomi riconducibili al nostro Paese ma in realtà provenienti da Medio Oriente o India. Così pensai che fosse il momento di dare ai nostri connazionali che specialmente sulla costa aumentavano, acquistando ville e costruendo nuove strutture d’accoglienza e allo stesso tempo promuovere la cultura gastronomica di casa nostra nel resto del Paese”.
L’intuizione di Miano, con le comprensibili difficoltà di un lavoro che doveva fare i conti con le dogane commerciali di Mombasa e regole in divenire, si è rivelata felice.
“In poco tempo ho cambiato le abitudini di tanti stranieri e i menu di molti hotel della costa – ammette l’imprenditore lombardo – abbinando a container di pasta, olio extravergine d’oliva, vini ed altri generi di largo consumo, anche il fresco di salumi e formaggi. Nel mio supermarket da trent’anni si può anche gustare un panino con la mortadella o con il prosciutto di Parma come fossimo nel Belpaese. Mi reco in Italia per scegliere personalmente le aziende con cui lavorare, tra quelle che mi garantiscono il miglior rapporto genuinità-prezzo. Ho l’esclusiva per il Kenya di almeno una ventina di marche nazionali importanti”.
Perché Roberto non è solo un uomo d’affari innamorato del Kenya, ma anche un appassionato di cibo e di tradizioni della sua Terra che ha scelto una professione che lo rappresentasse al meglio.
“Per questo motivo ho sempre abbinato all’importazione la gestione di ristoranti italiani – racconta Miano – a Malindi ho costruito e gestito il ristorante “I Pescatori” che oggi si chiama Baby Marrow, poi ho deciso di spostarmi a Mombasa, per essere più vicino al porto e allo sdoganamento, ma allo stesso tempo acquisire la clientela di una grande città non legata alla stagionalità del turismo. E anche qui ho aperto ristoranti fino a trovare la miglior collocazione a Nyali, in un piacevole spazio sulla frequentatissima link road, oltretutto a due passi dal supermarket e dal mio magazzino.
I miei ristoranti sono sempre stati contrassegnati, oltre che dalla qualità dei prodotti che io stesso scelgo (ma questo è ovvio), dal rispetto della tradizione culinaria di casa nostra, con la fedeltà delle ricette che non sono state modificate per incontrare i gusti locali ma invitano a gustare appieno non solo la bontà, ma anche la cultura italiana. Infatti i piatti di Roberto’s sono apprezzati da chi conosce e apprezza la vera cucina italiana, compreso il Presidente Kenyatta che è sempre nostro gradito cliente, quando viene a Mombasa”.
Oggi Roberto Miano con la sua Tropic Trade è l’importatore italiano di riferimento in tutto il Paese, agendo da tempo anche sulla grande piazza di Nairobi.
“Con il tempo si sono aggiunti altri importatori, connazionali onesti e capaci – spiega Miano – anche grazie alle battaglie che da anni ho seguito in prima persona per facilitare l’arrivo dei prodotti dal nostro Paese. Il mio impegno con dispendio di tempo, denaro ed energie, è valso la risoluzione di un contenzioso con il Kenya Bureau of Standard che aveva messo parametri assurdi per i vini italiani. Svolgere questo mestiere in Kenya rimane sempre molto problematico, tra regole che cambiano di continuo e pressioni di ogni tipo. Ma si va avanti con la convinzione che ormai questo Paese non può fare a meno in tavola del piacere dell’enogastronomia italiana”.
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