EDITORIALE
01-10-2020 di Freddie del Curatolo
Due ore in più di vita, ma soprattutto 18 ore di seguito per poter alzare il gomito al bar.
Questo in pillole è il “ritorno alla normalità” che il Kenya ha deciso di concedere da ieri ai suoi cittadini per i prossimi sessanta giorni sul suolo nazionale.
Coprifuoco spostato alle 11 di sera (con bar e ristoranti che devono chiudere un’ora prima, quindi alle 10) e bar di tutti i tipi, dalle birrerie ai discopub ai chioschi dove si preparano i micidiali superacolici artigianali, che possono riaprire i battenti.
Quali scenari si predispongono quindi per i prossimi due mesi?
Direi in primis l’ubriachezza in ogni sua forma e dimensione: da quella bonaria della birretta (o due, o tre) a fine lavoro e del bicchiere di vino in Pausa pranzo a quella ballereccia e compagnona dei pub a suon di guinness, smirnoff e furaha brandy, fino a quella smodata e a volte molesta degli stakanovisti dell’alcool, mnazi o chang’a che sia.
Il Kenya è un Paese di discreti alcolisti, non lo diciamo noi ma le statistiche che abbiamo anche pubblicato in tempi non sospetti.
Da un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 2016 infatti si evince che in Kenya 4 persone su 100 ogni giorno muoiono per problemi legati all’abuso di alcool e che il consumo dei distillati artigianali illeciti rappresenti il 37 per cento del mercato locale.
Senza contare l’indotto: buona parte degli incidenti stradali che causano centinaia di morti ogni anno vedono coinvolti guidatori con tasso alcolemico decisamente superiore al consentito (che in Kenya a regola sarebbe più basso di quello italianio: 0,8 grammi per litro nel sangue e 0,35 nel fiato), così dietro le violenze sessuali ed in famiglia si nasconde spesso l’abuso di alcool.
Non è un caso dunque che, a parte l’emergenza Covid-19, il Governo abbia cercato di dare una stretta moralizzatrice al Paese nel tentativo di cambiare almeno in parte ed in pubblico le abitudini di molti concittadini. Durante il discorso di lunedì, lo stesso Presidente Kenyatta ha ricordato che in questi sei mesi di coprifuoco gli incidenti stradali sono diminuiti del 10%. Molti di quegli incidenti in effetti si verificavano di notte e vedevano coinvolte persone che uscivano da bar e discoteche.
Resta il fatto che i keniani, come abbiamo visto anche per giovani e non di altri Paesi, non vedono l’ora di tornare a divertirsi.
I party privati non si contano più, le feste di compleanno il pomeriggio sono diventate orge di bevute e non solo. Durante molti di questi consessi sono stati beccati anche politici e amministratori della cosa pubblica. Negli ultimi giorni iniziano ad essere organizzati concerti dove la gente non rispetta nemmeno le regole fondamentali del lavaggio mani e della mascherina, figuriamoci le distanze...ad un concerto hip-hop.
La deriva ora che i meeting sono stati ampliati da 100 a 200 persone, può essere quella di trasformare matrimoni e funerali in “rave party”, anche se già precedentemente in molte contee era stato vietato di vendere e consumare alcolici durante le cerimonie. Ai tempi i rivenditori di alcolici avevano protestato pubblicamente, forse oggi si potrebbero accontentare della riapertura dei bar.
Altra possibilità, che verificheremo, è quella che i bar possano iniziare la loro programmazione notturna alle 4 del mattino, appena terminato il coprifuoco. Si tratterebbe di spostare solo di due o tre ore il normale orario del momento “clou” di molti locali notturni, che prima della pandemia era fissato per l’una e mezzo o le due del mattino. Gli show nelle discoteche e i concerti spesso iniziavano a quell’ora.
La serata tipo di molti keniani potrebbe di conseguenza prevedere la nanna alle 7 di sera, sveglia alle 3 e mezza del mattino e invece della colazione con chapati e caffelatte, una bella Pilsner per cominciare e vedere l’alba sotto un’altra ottica. Speriamo non succeda.
Chi ancora si sente penalizzato, nonostante le nuove aperture verso il ritorno alla normalità, sono quelle che ormai con affetto chiamiamo “studentesse”. Il loro sindacato si è fatto già sentire più volte e anche sulla costa le loro abitudini sono giocoforza cambiate. Ma di loro ci occuperemo diffusamente in un altro articolo prossimamente.
Alla salute!
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