LUTTO
25-09-2018 di Freddie del Curatolo
"Chissà se finirò prima io i sogni, o se saranno i sogni a finire me".
Era una delle poche, delle pochissime espressioni che Giuseppe Argese era solito dispensare. Il missionario é mancato pochi giorni fa ai piedi del Monte Kenya, dove viveva e prestava la sua infaticabile opera da sessantuno anni.
Per la gente del posto era semplicemente "Peppino", nome pronunciato alla kikuyu, con le labiali morbide e le vocali leggermente chiuse, ma chiunque lo conosceva come "Mukiri" (il silenzioso), abbreviazione di "Mukiraije", che letteralmente significa "l'uomo che sa ma sta zitto".
Già, perchè Fratel Peppino era più chiuso di ogni vocale pronunciata e lui stesso si definiva "L'orso di Mukululu".
Una crisi respiratoria, l'ultima di tante sempre più frequenti, lo ha riportato laddove i sogni rifioriscono.
Originario di Martina Franca, nel Salento, aveva 86 anni.
"A nome dell'Ambasciata d'Italia e della comunità italiana in Kenya, desidero esprimere le più sentite condoglianze e i più sinceri sentimenti di vicinanza ai familiari e ai confratelli di Fratel Giuseppe Argese - ha detto l'Ambasciatore d'Italia in Kenya Alberto Pieri - connazionale che, in riconoscimento dei suoi meriti civili, nel 1994 è stato insignito dal Presidente della Repubblica italiana dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana".
I funerali di Fratel Argese saranno celebrati giovedì mattina alle 10 nel villaggio in cui da sempre risiedeva.
Pieri ha ricordato il progetto che era l'orgoglio del missionario pugliese: "Tra le sue opere più importanti va ricordato l’acquedotto di Tuuru - spiega l'Ambasciatore - una rete di oltre 250 km di condutture, decine di cisterne e migliaia di punti di distribuzione che eroga quasi 4 milioni di litri d’acqua al giorno, a cui accedono oltre 250 mila persone e decine di migliaia di capi di bestiame".
Fratel Argese si scherniva, di fronte a tali complimenti: "abbiamo fatto tutto insieme, con tanti keniani e i padri della Consolata".
"Ci conoscevamo da 45 anni - racconta Padre Gerardo Martinelli, Superiore della Consoltata a Nairobi - lui era un taciturno dal carattere un po' scorbutico, ma parlava con i fatti e aveva un cuore immenso. Ultimamente mi chiamava spesso, chiedendomi di passare a trovarlo. Un mese fa sono andato da lui a Mukululu e ho capito perché mi volesse vedere. Sentiva che era arrivato il suo momento e mi chiese di poter essere seppellito "nella tana dell'orso", ovvero a due passi da casa sua. Vicino alla gente che aveva aiutato e che gli voleva bene. Così sarà fatto".
L'amico Andrea Botta, missionario con lui a Meru ed artefice di molte altre iniziative nella zona, ricorda con emozione Mukiri.
"Arrivò in Kenya nel 1957, due anni dopo di me - dice Botta a Malindikenya.net - insieme ad altri tre missionari laici per costruire una chiesa nella zona di Meru. Dopo averla edificata, si rese conto che la zona nord di Meru aveva grossi problemi idrici. Mancava l'acqua, perché i fiumi che nascevano dal Monte Kenya puntavano ad est. Così cercò nuove sorgenti a nord, distanti dalla montagna, e le trovò ai piedi della foresta di un vulcano spento, il Nyambene. Da lì imparò da autodidatta a costruire un acquedotto e portò acqua a tutta la zona. I keniani di Meru lo hanno sempre considerato al pari di un mago miracoloso".
Due anni fa, la Diocesi di Meru gli aveva tributato una grande festa. “Siamo grati ai Missionari della Consolata per averci donato fratel Argese, che ha lavorato a Meru in tutti questi anni. Ci hanno dato educazione, acqua, ospedali, hanno eretto la diocesi e ci hanno sostenuto fino al punto che ora siamo in grado di stare in piedi da soli” aveva detto in quell'occasione il Vescovo di Meru, Salesius Mugambu.
I sogni dell'Orso di Mukululu sono diventati realtà e hanno migliorato le condizioni di tantissimi keniani, Fratel Peppino vivrà in ogni goccia dell'acqua che fa crescere piante, frutti e disseta persone ed animali di una regione intera.
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