AMICI TSAVO
30-04-2019 di Giovanna Grampa
Ogni safari nel parco dello Tsavo è un’avventura che può riservare sorprese inaspettate.
Si parte con entusiasmo, affetti da una inguaribile curiosità, nella speranza di vedere i big five, ma soprattutto un bel branco di leoni o uno splendido leopardo dagli occhi di giada, rilassato su un ramo di un albero.
Ma non sempre sono gli animali a riservare delle sorprese.
Pochi giorni fa, entrati al Sala Gate, decidiamo di percorrere la strada che costeggia il fiume Galana: ci è giunta la segnalazione della presenza di un branco di sette giovani leoni che ha cacciato un grosso bufalo.
Già di prima mattina il caldo è insopportabile e l’aria, senza vento, è irrespirabile.
In giornata il meteo prevede temperature intorno ai 40 gradi.
Procediamo lentamente alla ricerca del branco, guardando con attenzione ogni zona d’ombra: l’afa opprimente mattutina spinge già a quest’ora gli animali a cercare un riparo dal sole.
A circa 10 km dall’entrata del parco davanti a noi, al centro della strada polverosa e cotta dal sole, ci appare la figura di un uomo che percorre a piedi lo sterrato. Allibiti e increduli lo raggiungiamo.
Sulla spalla porta un sacco di bottiglie di plastica vuote, indossa una maglietta beige un po’ lacera, uno strano pantaloncino scuro con un inserto a righe simil-zebra, un paio di ciabatte consumate e troppo grandi per i suoi piedi callosi.
Ha l’aspetto un po’ svagato, inebetito e vagabondo continua a camminare in un mondo che sembra gli appartenga.
Si ferma per guardarci sorpreso mentre gli diamo una bottiglia d’acqua perché possa almeno idratarsi.
Cerchiamo di parlare con lui per sapere quanto è accaduto ma riceviamo come risposta una sola parola: “Nyumbani” (a casa in kiswahili).
Dove vai? Nyumbani!
Da dove vieni? Nyumbani!
Come ti chiami? Nyumbani!
Impossibile saperne di più.
Mentre lo guardiamo più attentamente ci sembra di averlo già visto vagare a Malindi. Ma certo, è lui! Alcuni in città lo chiamano semplicemente Wazimu, il matto. Sicuramente ha qualche problema mentale ma come ha fatto arrivare fino a qui da Malindi e a sopravvivere in condizioni così dure?
E quanti giorni ha camminato?
Ma soprattutto cosa ha mangiato e dove ha dormito?
L’aspetto comunque non è sofferente anche se beve avidamente la bottiglietta di acqua fresca che gli abbiamo dato.
Non è nemmeno consapevole dei pericoli che corre e perso nella savana forse diventerebbe vittima di predatori.
Sette leoni si aggirano proprio in quella zona e potrebbero prenderlo di mira e divorarlo.
Non bisogna mai voltare le spalle a un felino: hanno l’istinto degli inseguitori. Attiviamo subito i soccorsi chiamando il KWS di Voi perché invii una macchina per prelevarlo e metterlo in sicurezza. Anche i Rangers restano allibiti dalla nostra comunicazione e la prima risposta è “WHAT?”
Per fortuna la tecnologia ci aiuta in questi casi: una bella foto spedita via Whatsapp e anche i rangers si convincono che c’è proprio un uomo che vaga tutto solo nel Parco. Guardo questo ragazzo, o forse uomo, dall’età indefinita, con un sentimento di tenerezza.
Per me adesso lui è Nyumbani, con il suo sacco di bottigliette di plastica in spalla, con lo sguardo mite, con gli occhi un po’ assenti e mi chiedo come abbia potuto eludere i controlli al Gate. Provo anche un sentimento quasi di invidia perché lui, dopo tutto, ha realizzato quello che è anche un mio sogno: camminare libera nella savana, guardando gli animali così da vicino per assaporare nuove emozioni.
Per noi visitatori del parco è e resterà per sempre un sogno proibito: nel parco è severamente vietato scendere dalle auto e ci sono cartelli anche all’entrata che lo ricordano. Ma la storia ha un finale a sorpresa: il nostro Nyumbani viene sì soccorso dal KWS ma è un recidivo!
Infatti è la terza volta che viene sorpreso a camminare nel parco e per la terza volta viene riaccompagnato a Malindi dove sembra avere una dimora.
Ed ogni volta lui, con calma si rimette in cammino, percorre la Tsavo road, oggi asfaltata quasi interamente e in prossimità del Sala Gate percorre un sentiero laterale alternativo, per evitare di essere visto dai Rangers e per essere nuovamente libero in mezzo alla “sua” savana.
Forse non è proprio così matto come molti credono!
(foto Adrivanna)
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